AFFRESCHI E GRAFFITI NELLA CHIESETTA DI S. ROCCO IN ARSOLI

di Walter Pulcini

La chiesetta di S. Rocco (1) era una delle chiese rurali citate nella relazione della visita pastorale effettuata da Giovanni Andrea Croce, vescovo di Tivoli, il 18 set- tembre 1566 (2) circondate, tutte, soltanto da stalle e fienili che più tardi, quando la popolazione si rese conto che era possibile vivere sicuri anche fuori dalle mura, furono trasformate in abitazioni e diedero vita ai borghi omonimi.
Nel documento citato la chiesetta era dedicata a S. Pietro e, solo più tardi quando nelle nostre contrade infierì la peste, fu dedicata anche a S. Rocco e nacque la cappellania di S. Pietro e Rocco, come risulta dagli atti della Curia di Tivoli e dagli atti catastali.
Quando Fabrizio Massimo, che aveva acquistato il feudo di Arsoli nel 1574, ricostruì la chiesa del SS. Salvatore su disegno di Giacomo Della Porta (3), S. Pietro ebbe una cappella tutta per sé. La popolazione, forse più devota a S. Rocco che l’aveva protetta durante le terribili pestilenze, cominciò a chiamarla solo con il nome del taumaturgo.
L’edificio, che all’esterno si presenta in forma assai modesta, all’interno, invece, ci offre una dovizia di affreschi e di memorie graffite e a pennello che ci raccontano oltre un secolo di vita arsolana.
La studiosa Paola Nardecchia, nel suo lavoro meticoloso, appassionato e competente (4), pur non essendo riuscita a dare un nome all’autore, lo ha classificato come pittore di scuola umbra che ha operato tra ‘400 e ‘500 ed ha individuato opere dello stesso nella chiesa di Santa Maria della Rocca di Jenne, di S. Francesco di Subiaco, nell’Abbazia di Santa Scolastica e nella chiesa della Madonna della Croce sulla strada per Cervara.
Le immagini che adornano la chiesetta vanno da quella del Cristo a quella della Vergine, della Beata Anna, così è definita nell’epigrafe che le è accanto, quelle del patrono S. Bartolomeo, dei compatroni S. Sebastiano, S. Lorenzo e S. Rocco, dei santi Biagio, Lucia, degli apostoli Pietro e Paolo e dei quattro evangelisti i cui simboli sono riprodotti sulla volta della cappella.
Lo stato di conservazione della massa pittorica è piuttosto degradato e ne sarebbe opportuno il restauro anche perché gli affreschi di Arsoli, attribuiti all’Anonimo sublacense, sono gli unici che non hanno subito mai alcun ritocco e che potrebbero fornire, quindi, materiale prezioso per gli studiosi.
Memorie graffite ed a pennello che, insieme a didascalie in latino sono poste accanto di alcune figure, ricoprono le pareti della chiesetta. Il lato più interessante è quello di destra che racconta circa un secolo di storia arsolana. La memoria più ricca, presso l’altare, ci informa delle scorrerie del brigante Marco Sciarra e della sua banda, eccone il testo che si legge con qualche difficoltà per cui l’ho ripresa integralmente dal lavoro del Passeri (5), copiata circa centocinquanta anni fa quando il tempo, l’umidità ed i vandali avevano fatto meno danni:

«A DÌ 25 DI MAGIO 1591 MARCO DE SCIARRA, PACCHIAROTTO, ET PETRAGNELO CON 790 BANDITJ ASCULANI, ET DEL TRONTO, CON
200 A CAUALLO SCARAMUCCIORNO SEI HORE IN ARSOLJ ET DET- TERNO FUOCO A PIÙ DI 30 CASE NEL BORGO. CI MORSENO DA 18
BANDITJ ET DOI HOMINI D’ARSOLJ. ET LA GENTE D’ARSOLJ PER LA FAME POCHI POSSAVANO RESISTERE CHE IL GRANO VALEVA DA QUESTE BANDE SCUTI UINTISETTE IL RUBIO, ET IN ROMA ARRIUO’ A SCUTI 35 NEL PONTIFICATO DI GREGORIO XIIII. SFRONDA- TI MILANESE (che regnò solo 10 mesi), ET UCCISENO 15 UITELLE ET 15
SOMARI. MORSERNO IN QUESTO ANNO GRAN QUANTITà DI GENTJ PER LA FAME, ET IN ARSOLJ MORSERNO 150 PERSONE»

e poco più discosto:

«1592 DI MAGGIO RIPASSÒ MARCO DE SCIARRA CON OTTOCENTO CINQUANTA BANDITI ET NEL ANNO 1593 FU AMMAZZATO» (6).

Marco Sciarra, che prima di arrivare in Arsoli aveva imperversato con la sua banda nelle Marche e nel vicino Abruzzo, non riuscì a penetrare nel paese perché esso era ben fortificato e aveva due soli varchi, la porta grande (J’usciu e lla porta) e quella piccola (La Portella) che erano presidiate giorno e notte dai cittadini obbligati a ciò a norma dello Statuto del 1584. Costretto a rimanere fuori delle mura lo Sciarra sfogò la sua furia incendiando stalle e fienili intorno alle chiese rurali; il fatto è ricordato nella toponomastica del paese ed ancora oggi nel Borgo S. Lorenzo abbiamo Via delle case bruciate. Lasciato Arsoli la banda dello Sciarra assalì Cervara, Canterano, Pisoniano e Cerreto.
In quest’ultima località si verificò, secondo quanto narra don Paolo Carosi in un simpatico libretto (7), un episodio singolare. La notte tra il 24 ed il 25 aprile 1592 i cerretani assediati da qualche giorno gettarono dalle mura del paese una grossa gatta alla coda della quale avevano legato un fascio di paglia incendiata e l’animale piombato sui fienili sottostanti nei quali dormivano i briganti provocò un vasto incendio che sconvolse gli occupanti e permise ai cerretani di cacciare la banda. Fu dopo tale fatto che lo Sciarra, abbandonando la zona, ripassò per Arsoli come risulta dalla memoria. Nella estremità opposta della parete sono ricordate due pestilenze, una del 22 settembre 1608 e quella famosa del 1656. I dati relativi alla peste del
1656 non concordano con quelli indicati nella lapide ufficiale messa nel 1660 sulla facciata della casa canonica nella piazzetta del SS. Salvatore; la lapide fa decorrere la peste dal 23 luglio al 23 settembre 1656 con 755 morti mentre la memoria fa decorrere il morbo dal 24 giugno all’8 ottobre 1656 con 750 vittime.
Al centro della parete è, invece, ricordata tutta una serie di eventi meteorologici straordinari:
- una nevicata si verificò il 9 maggio 1578 con un palmo di neve;
- il 20 gennaio 1595 si verificò un’abbondante nevicata che ricoprì le campagne per un mese;
- nello stesso anno un’abbondante grandinata distrusse tutto il grano e la biada;
- il 7 luglio ed il 12 agosto 1596 due violente grandinate distrussero oliveti e vigneti;
- un’altra nevicata fuori stagione si ebbe, infine, l’8 maggio 1619.
Un’ultima memoria, tutta da decifrare, informa che il 28 gennaio 1578 un certo Achille da Auricola venne alla scuola di Arsoli. L’iscrizione non precisa il tipo di scuola per cui si potrebbe pensare che Achille sia venuto in Arsoli per apprendere un qualche mestiere oppure per iniziarsi all’arte pittorica dal momento che, dopo il 1574 anno di acquisto del paese da parte dei Massimo, ebbero inizio i lavori di ri- costruzione e di restauro delle chiese alcune delle quali affrescate come quella del castello e la chiesetta di S. Rocco. In Arsoli sarà forse esistita, pure, una tradizione pittorica poiché nel secolo precedente un arsolano Mastro Giacomo pittore di Arsoli pinxit, dipinse, così aveva firmato in latino alcuni affreschi nel Santuario della Madonna dei Bisognosi di Pereto; gli affreschi non contengono data ma dalla pubblicazione di Angelo Calvani sul santuario, edita nel 1980, si evince che essi furono realizzati tra il 1420 e il 1440. ❖

1- W. PULCINI, La chiesetta di S. Rocco nella storia di Arsoli, pp. 7-10, in P. NARDECCHIA, Il maestro di Arsoli. Un pittore sublacense tra quattro e cinquecento, Pro Loco di Arsoli, Subiaco 2001.
2- R. MOSTI, Le visite pastorali del ‘500 di Monsignor Giovanni Andrea Croce, STSd’A Tivoli 1988. Per le visite pastorali in Arsoli, vedi anche W. PULCINI, Le chiese nel Cinquecento, pp. 56-58, in Arsoli. La storia, le bellezze, i personaggi, le attività, 1998.
3- W. PULCINI, La chiesa del SS. Salvatore, AEQUA n. 39 del 2009.
4- P. NARDECCHIA, op. cit.
5- T. PASSERI, Arsoli ed i nobilissimi signori Massimo, p. 29, Tipografia Sinimberghi, Roma 1874.
6- «Quest’ultima parola leggesi a stento», scrisse già il Passeri, op. cit. Vedi anche G. ZANDEGIACOMI, Le lapidi di Arsoli. 22 secoli di storia scritta sulla pietra, pp . 38, Arsoli 1993.
7- P. Carosi, Gatta contro briganti, Ed. S. Scolastica, Subiaco 1976.