Tutto a segno di croce. Storie di donne contadine

E. PETOIA (a cura di), Tutto a segno di croce. Storie di donne contadine, Centro Studi “Alfonso M. di Nola”, 2012
Sant’Andrea di Conza (Av), (cm 14×21), pp. 212, € 12,00.
L’Alta Irpinia è lontana dal territorio degli Equi, ma non per questo “diversa” rispetto al mondo femminile e al ruolo che la donna ha svolto nell’economia contadina almeno fino al terribile terremoto del 23 novembre 1980. Se non fosse per i termini dialettali che compaiono – giustamente – nelle interviste, non noteremmo differenze, se non minime: la donna irpina «all’interno della famiglia, strutturata in maniera tradizionale e con una forte divisione dei compiti, dei tempi e degli spazi tra marito e moglie, assume principalmente la funzione di produttrice-riproduttrice di forza lavoro […] con la responsabilità esclusiva di crescere ed educare i figli», proprio come in ogni altra parte dell’Italia rurale. Per questo ci pare utile segnalare questo libro-intervista – un po’ alla maniera de L’Anello forte di N. Revelli (Einaudi, 1985) – ai nostri lettori perché leggerlo è come ascoltare i racconti di vita dura, sofferta, umiliata, violentata ma anche dignitosa, fiera, “allegra”, malgrado la miseria e l’ignoranza, di queste donne: di tutte le donne di ieri. Con in più le esclusive conoscenze ad esse riconosciute dalla Comunità nell’ambito della sfera magico-religiosa. Le numerose interviste riportate nel volume sono state effettuate nel 2011 da un gruppo di ricercatori coordinati dall’antropologo Erberto Petoia. Non tutto il materiale raccolto è qui pubblicato, ma gli stralci delleinterviste sono più che sufficienti a farci comprendere (ma anche a ricordare) un mondo femminile ormai quasi del tutto superato. Le donne, rispetto ai maschi, non studiavano ed ecco perché esse facevano come Maria Nicola S. «tutto a segno di croce», firmavano, cioè, con “la croce”. Ma lo facevano, e spesso caricandosi sulle spalle anche i lavori in campagna e nella casa in sostituzione dei mariti emigrati all’estero. Le intervistate raccontano la loro vita fin dalla nascita: il lavoro che iniziava già a otto-dieci anni (in campagna, a pascolare gli animali, dai signori, a lavare i panni, come manovali con i muratori), il rapporto con la sessualità, “l’onore” da portare in dote al matrimonio, i rapporti con le masciare (streghe), gli abitini-amuleto, e i santi (in particolare con S. Gerardo di Materdomini), il parto in casa, la mancanza d’acqua, la fame, le privazioni, la morte… ma anche le belle serate a ballare e cantare («e i poveri ragazzi dovevano pagare cinque lire» (Carmelina V.), le feste, la politica e il rincrescimento per non aver potuto studiare.
Un bel libro, un rosario di storie di donne assai istruttivo per le nuove generazioni. Ma senza nostalgia. (Artemio Tacchia)