CAPITELLI TRAIANEI A SUBIACO

di Zaccaria Mari

È invalsa la credenza che tutti i reperti antichi esistenti a Subiaco – utilizzati come arredo urbano, reimpiegati nelle costruzioni o conservati in complessi monumentali – provengano dalla locale villa di Nerone. Ciò è spiegabile con il fatto che le auguste vestigia, di cui si è scritto ultimamente in questa rivista (1), rappresentano la più importante testimonianza archeologica del territorio sublacense, ma le notizie, comunque scarse, relative alla provenienza di detti reperti non confermano quasi mai la vulgata. Anche l’analisi stilistica e tipologica riporta spesso ad epoche diverse da quella neroniana. La villa imperiale (il Sublaqueum), costituita di vari nuclei edilizi articolati sui due versanti della gola dell’Aniene, fu spogliata nei secoli scorsi al pari degli altri principali siti archeologici nei dintorni di Roma; tuttavia la prima e più devastante razzia avvenne durante il Medioevo con la fondazione dei monasteri benedettini.
All’epoca dell’abate Lando (1227-1243), infatti, furono recuperati dal c.d. “nucleo a” (la piccola area archeologica lungo via dei Monasteri, unica oggi visitabile) i marmi destinati alla realizzazione dello splendido chiostro cosmatesco di S. Scolastica.
Ma, in generale, le mura dei monasteri riutilizzano copioso materiale romano che è lecito ritenere sia stato asportato dalle fabbriche neroniane esistenti subito a valle. Si consideri, inoltre, che i cinque nuclei edilizi attualmente noti avevano modesta estensione, quindi i materiali lapidei da recuperare non erano particolarmente abbondanti. Uno dei siti più ricchi di reperti è il monastero di S. Scolastica, che, soprattutto nel chiostro gotico, custodisce numerosi elementi architettonici e frammenti scultoreo-decorativi di età romana, oltre a interessanti bassorilievi alto-medioevali. Fra i primi spiccano i capitelli di colonna in marmo bianco, interi o quasi, alcuni dei quali ivi trasferiti di recente dalla Rocca Abbaziale.
Sono raggruppabili in tre serie omogenee che dopo gli scavi eseguiti fra il 1999 e il 2011 nella non lontana villa di Traiano agli Altipiani di Arcinazzo Romano vanno sicuramente riferiti a quest’ultima, in quanto identici o molto simili ai capitelli riemersi dagli scavi (2). Solo uno, molto più tardo, non è attribuibile alla villa traianea e potrebbe quindi anche spettare a quella neroniana. Proprio i capitelli, in totale undici, che giacevano a terra, negletti e ingrigiti dalla polvere dei secoli, sono stati oggetto nel 2015 di un intervento di valorizzazione fortemente voluto dall’abate dom Mauro Meacci e realizzato su progetto dell’allora Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria  meridionale, che ha provveduto anche al restauro (3). I capitelli sono stati innalzati su solidi supporti metallici e schierati, con l’idea di suggerire la prospettiva di un colonnato, lungo due pareti ad angolo del chiostro.
L’architettura marmorea aveva nella villa di Traiano un notevole rilievo (4). Costruita nel 114-117 d.c. e frequentata dall’imperatore per il soggiorno estivo e per battute di caccia, la villa si compone di vaste platee impostate alle falde del monte Altuino. Quella superiore, non ancora scavata, ospitava il palatium privato; quella inferiore, interamente riportata alla luce, aveva funzione di rappresentanza e comprendeva un giardino porticato con due fontane alle estremità e un gruppo di ambienti monumentali raccolti intorno a un fastoso triclinio. Il portico antistante esibiva colonne scanalate in marmo, coppie di colonne lisce erano invece all’ingresso e all’interno degli ambienti.
La villa era già conosciuta nel XVIII-XIX secolo per il rinvenimento di preziosi marmi colorati, strappati da pavimenti e pareti, e di elementi architettonici, che sono stati riusati, tra l’altro, in varie chiese dell’area sublacense. I recenti scavi hanno restituito capitelli di ordine dorico-tuscanico, corinzio e composito; insieme agli architravi e alla decorazione del triclinio essi rivelano una straordinaria finezza ornamentale e un accentuato colorismo, ottenuto con un sapiente uso del trapano, che trovano confronti in grandi edifici pubblici di Roma eretti nel precedente periodo flavio, soprattutto domizianeo, a dimostrazione che ad Arcinazzo furono chiamate maestranze urbane operanti già alla fine del I secolo. Gli stessi ordini e la stessa qualità stilistica si riscontrano nei capitelli di S. Scolastica (5):
CapItello dorIco-tuscanIco – il capitello, in marmo lunense, simile a quello della Colonna Traiana a Roma, è decorato (a partire dal basso) con foglie acantizzanti, due file di astragalo, ovuli alternati a lancette sull’echino e ancora foglie sull’abaco. Di esso sono stati rinvenuti nella villa traianea sei esemplari identici
e vari frammenti, su alcuni dei quali compare la scritta DOM (incisa quando il capitello, durante la lavorazione, era rovesciato), interpretabile probabilmente come iniziale del nome del capofficina. Questi capitelli (un altro è riutilizzato nella chiesa di S. Maria ad Arcinazzo Romano) dovevano essere collocati al piano superiore del portico del giardino o su un colonnato che abbelliva la facciata della villa;
Capitelli corinzi – trattasi di due esemplari, molto somiglianti a uno reimpiegato come acquasantiera nella suddetta chiesa di S. Maria e alla parte inferiore corinzia dei capitelli compositi; si notano, in particolare, strette analogie nella resa delle foglie, delle volute e del fiore dell’abaco. È probabile che tali capitelli fossero posti negli ambienti monumentali del piano terra o del piano superiore affacciati sul giardino. Un terzo capitello corinzio, della fine del II-inizi III secolo, si differenza per le foglie, piatte e dal profilo spinoso, e per il maggiore sviluppo del calicetto fra le volute: pertanto la sua provenienza dalla villa di Arcinazzo è dubbia;
Capitelli compositi – sono sette esemplari, quattro di piccole e tre di grandi dimensioni. Uno intero e vari frammenti provengono dagli scavi, altri due sono riutilizzati come acquasantiere nella chiesa di S. Maria. La decorazione è canonica: la parte inferiore, corinzia, si compone di una duplice corona di foglie d’acanto sormontate su ogni lato da viticci fioriti; la parte superiore, ionica, presenta un astragalo e l’echino, compreso fra volute, decorato da ovuli e semipalmette; al di sopra è l’abaco ornato con fiore centrale. In vari esemplari la punta di alcune foglie è stata restaurata usando piccoli perni metallici. Verosimilmente i capitelli erano collocati sulle coppie di colonne degli ambienti monumentali;
Base di colonna – nell’esposizione è compresa anche una base ionica in marmo bianco (sormontata da un rocchio di colonna non pertinente), identica ad altre rinvenute nella villa, attribuibili alle colonne del piano superiore del portico e a quelle degli ambienti monumentali.

1 – Z. Mari, Nuove iniziative per la villa sublacense di Nerone, in “Aequa” 66, 2016, pp. 3-6 (con bibliografia).
2 – Alcuni sono stati invece attribuiti senza alcuna prova alla villa neroniana (M.A. Tomei, La villa di
Nerone a Subiaco: scavi e ricerche, in Archeologia laziale 6 [Quaderni del centro di studio per l’archeologia
etrusco-italica, 8], a cura di S. Quilici Gigli, Roma 1984, p. 256). Davanti alla Rocca e lungo
la strada di accesso, come nella vicina casa delle monache, si trovano anche altri elementi architettonici
della villa traianea (alcuni segnalati in M. Lilli, Scavi di antichità nell’area della villa detta di
Traiano ad Arcinazzo tra la fine del Settecento e la seconda metà dell’Ottocento
, in “Xenia antiqua” 6,
1977, pp. 163, 167), soprattutto colonne, sui quali si tornerà in un prossimo contributo.
3 – Il progetto si deve all’arch. Sergio Sgalambro.
4 – Si rinvia a Z. Mari, The marbles from the Villa of Trajan at Arcinazzo Romano (Roma), in Interdisciplinary
Studies on Ancient Stones (ASMOSIA X, Rome, 21-26 May 2012), a cura di P. Pensabene,
E. Gasparini, Roma 2015, pp. 213-224. In generale sulla villa: Z. Mari, La villa di Traiano ad Arcinazzo
Romano. Stato delle ricerche ed itinerario di visita
, in “Atti e Memorie della Società Tiburtina
di Storia e d’Arte” 87, 2014, pp. 97-124, Id., La villa di Traiano ad Arcinazzo Romano alla luce delle
recenti ricerche
, in Ad finem Imperii Romani. Studies in Honour of Coriolan H. Opreanu, a cura di s.
Cociş, V.-a. Lăzărescu, M. Gui, D.-A. Deac, Cluj-Napoca 2015, pp. 275-296.
5 – La descrizione che segue si legge nel pannello illustrativo posto all’inizio del percorso di visita.