13 GENNAIO 1915: UNA CICATRICE LUNGA UN SECOLO. IL TERREMOTO, LA MARSICA E CESE

 

OSVALDO E ROBERTO CIPOLLONE, 13 gennaio 1915. Una cicatrice lunga un secolo. Il terremoto, la Marsica e Cese, Pro-loco Cese dei Marsi, 2015, (cm17×24), pagine 208, illustrazioni in b/n, s.i.p.

Tra le molte pubblicazioni che stanno vedendo la luce quest’anno nella Marsica, nel centenario del tremendo sisma che la sconvolse, vale la pena segnalare questa piacevole opera incentrata su Cese, operosa frazione di Avezzano affacciata sui Piani Palentini. A Osvaldo Cipollone, che conduce da anni un’opera mirabile di conservazione, trascrizione del dialetto e della cultura immateriale del paese (sul suo riuscitissimo Dizionario del dialetto cesense v. Aequa n°34, Scaffale), si affianca qui il figlio Roberto, in un riuscito tandem generazionale di ricerca sul campo e d’archivio, approccio narrativo e consultazione delle fonti, sentimento filiale e razionalità giornalistica.

Il libro si apre con una sintesi sull’evento nella sua dimensione regionale, con cenni sulla sismicità della zona e sui meccanismi generatori dell’evento del 1915, e con la riproposizione di primi dispacci d’agenzia che annunciarono al mondo la tragedia, che documentano anche la lentezza e le difficoltà incontrate dai soccorsi. Scendendo di scala e focalizzando l’attenzione su Cese poi, le molte notizie raccolte riguardanti l’entità dei danni, le vittime, i primi soccorsi, la lenta rinascita – rinvenute con un paziente lavoro di ricerca – vengono riconnesse al cuore ancora vivo del paese mediante la trascrizione dei colloqui avuti (anni addietro, a partire dal 1993) con persone all’epoca del sisma appena bambine o adolescenti o, pur nate dopo, che ricordavano il paese ancora distrutto. Ma anche narrando di chi, colpito dalla tragedia, si sia trovato a vivere in condizioni particolari, come i molti orfani fortunatamente affidati alle cure di Don Luigi Orione (che si prodigò nei soccorsi, guadagnandosi un affetto ancora vivo tra la popolazione marsicana) o destinati all’orfanotrofio romano del “Patronato Regina Elena” appositamente costituito dalla sovrana.

La viva voce degli anziani intervistati rendono vivo e attuale lo sconvolgimento del piccolo centro abitato,che fu letteralmente raso al suolo dalla violenza del sisma, trasportando all’oggi il dramma di ieri e creando così, a cento anni di distanza, un legame tra chi ha visto il paese morire e rinascere, e chi oggi di quella sofferenza e di quel lavoro ha solo nozioni distratte. Un monito a non dimenticare quei momenti e quegli eventi, in una zona che resta una delle più sismiche d’Italia, come la devastazione subita da L’Aquila del 2009 dimostra. Il libro è ricco di tabelle – fra le quali l’elenco delle 476 vittime “ufficiali”- e immagini, con un occhio anche al patrimonio artistico perduto (la restituzione grafica dell’antica chiesa madre, totalmente distrutta) o superstite (la Madonna di Cese del XV secolo, parti dell’antico portale dello stesso tempio, conci di chiave di portali in pietra, arredi sacri). Completa la parte storica una piccola antologia di brani in prosa e di poesie e canzoni (in lingua e in dialetto) sul dramma del terremoto marsicano. Un libro che mostra il terremoto del 13 gennaio 1915 dalla finestra del cuore, insomma, e che infatti si fa leggere con un calore che in parte stempera il gelo delle nude cifre e dei tristi fatti legati alla più grande ferita che la terra dei Marsi abbia dovuto subire nel corso della sua millenaria storia (Gianfranco Ricci).