IL DIARIO DI EFREM

A. TACCHIA, Il diario di Efrem, romanzo, Tipografia Fabreschi, Subiaco 2014 (cm 15×20), pagg. 231, s.i.p.

E’ proprio intrigante un romanzo ambientato ad Arsoli,  Carsoli, Riofreddo e soprattutto a Roviano. La spina dorsale di questi paesi era allora (anni 1967-68) il treno che porta a Tivoli; per le scuole, il lavoro, e un certo effetto-città. Ancor più della Tiburtina-Valeria. Quel treno degli studenti pendolari è l’occasione di fugaci “amori trenini”, fatti di sguardi. E poi c’è la piazza, il Bar Sport (con il molto calcio parlato, ma anche giocato nelle squadrette locali); le passeggiate, gli “scontri” tra piccole combriccole giovanili, la noia, le inquietudini, l’ epidermico e continuo sogno dell’amore, ovviamente intriso di sensualità, ma ancora separato dall’ammirazione per le molte ragazze, vere protagoniste del romanzo. Questo è il centro del diario, effettiva notazione di tutti giorni o espediente che sia… Poi c’è quel nome Efrem (da Efraim, secondo figlio del biblico Giacobbe), ed Efrem il Siro, autore di moltissimi inni, poesie, omelie: uno scrittore ricco di pagine e di ispirazione. Come Efrem Parisi? Ma anche il nome dell’autore, Artemio, ci interpella. E’ nome greco, da cui pure Artemisio, e indica un adepto di Artemide-Diana, dea della caccia. La prima “caccia” da fare per noi è l’intreccio, intersezione “identificativa”(?) fra Efrem e Artemio, e scoprire il meccanismo narrativo. Ci vorrebbero capacità poliziesche e di storico della contemporaneità, per chiarire tutto di questo diario, simile a quelli che si facevano una volta. Di solito erano flussi di coscienza, spesso dolorosi; e questo non lo è.

Intanto raccontiamo, facciamo una prima “analisi del contenuto” del romanzo. Un insegnante, Efrem Parisi, nato  e cresciuto a Roviano, ma operante a Turi (Bari), centro minore notissimo come luogo del carcere in cui fu rinchiuso Antonio Gramsci, invia un quadernone di diario al professor Silvano Secchia, pensionato, che vive in Roviano con la moglie Floriana. Il professore legge tutto il diario e alfine scopre che sua moglie, da ventenne, era stata per qualche tempo la fidanzata proprio di Efrem…. Le “puntate” del diario sono ambientate a Roviano e paesi vicini: data, tempo cronologico e meteorologico, vicende di polemiche, motteggi e scazzottate tra comitive o “bande” giovanili dei Barilotti, i Bottoni e gli antipatici villeggianti Fuillà… strani Ragazzi della Via Paal , tutti attratti dalle ragazze e dal gioco del calcio, sempre in bolletta e in eterno odio-amore per la scuola. Ma c’è un dolore latente, sotto le banalità e le dispute quotidiane. In particolare colpiscono nelle pagine del diario l’indifferenza per il sacro (ridotto solo alla parte popolare delle “feste comandate) e perfino l’ostentata insofferenza per ogni lavoretto manuale. Intanto, mettiamoci nei panni di chi leggerà il romanzo ma non vive e non conosce la Valle dell’Aniene, e soprattutto la Media Valle. Farà uno sforzo di ambientazione. E di chi qui è vissuto e vola con il piombo nelle ali per essere nato e cresciuto nella periferia della città, in provincia, e deve recuperare gli svantaggi: “nato povero” come Renzo Tramaglino, dialettofono, studentello pendolare, timido ma in vena di grandi cose…Quest’ultimo farà un facile auto-riconoscimento, ripensando alla sua adolescenza. I grandi sogni sono anch’essi timidi, ma ci sono: diventare scrittore di gialli, ricco, o ammirato professore. I segnali in questa direzione sono: la corrispondenza extrascolastica in francese, qualche buon libro e la puntigliosa notazione, con grafia completa e corretta, di luoghi, campioni, città, fatti importanti, cambiamenti sociali in atto. Questo denota non solo l’ascolto della radio-tv, ma la lettura attenta del Corriere dello Sport e di qualche altro giornale e libro. Ma non ci sono entusiasmi travolgenti, talvolta tipici dell’età dell’adolescenza.“Chi nasce in un piccolo paese è fregato ”. Oppure: “E’ bello nascere in un piccolo paese… per poterlo abbandonare ”. Citare Pasolini e Pavese è il minimo che viene in mente. E “Paese mio che stai sulla collina… ”: chi va via coltiva nostalgie. E chi resta, nei casi migliori, è un migrante del pensiero, spaesato nel proprio paese. C’è poi nel diario l’insistente minimalismo della vita quotidiana di adolescenti e di tutto il paese e il gioco “feroce” della verità, senza orpelli letterari. In questi contesti paesani ci si perde facilmente: Efrem ha perso il sogno suo d’amore ed è fuggito nel Barese per restarci. Con qualche rimpianto, non solo per la sua bella e brava Floriana, ma per l’ irrevocabile adolescenza e per quei luoghi. Fa consegnare il diario al prof. Secchia, quasi a dirgli: “Tu hai vissuto accanto a Flory nella serena e salda realtà della vita; io solo nel sogno ‘trapassato’”. Dal punto di vista della scrittura, il diario non aspira a una particolare ricerca stilistica, anzi spesso è ripetitivo, come sono ripetitive le giornate degli adolescenti e di tutti. Ma quando si passa alle descrizioni del paesaggio della media e alta Valle dell’Aniene, alle notazioni naturalistiche, ai ricordi più ampi, oltre l’adolescenza – come la psicologia del Professor Secchia – allora s’ incontra la buona letteratura, la penna esperta, il piglio narrativo. E questa parte – almeno questa! – è attribuibile proprio all’autore e non a Efrem! Resta una domanda impertinente.

L’autore, potrebbe esclamare, col suo francese: ”EFREM C’EST MOI?”. Certo lui è molti di noi, adolescenti, intorno ai nostri difficili 16-17 anni. Di ieri e di oggi. Insomma questo è un vero romanzo, vita di vite; per rivivere, rimpiangere e sognare. (Giuseppe Cicolini )