Le mie invisibilissime pagine

E. RAGAZZONI

Le mie invisibilissime pagine

Palermo 1993, Sellerio editore, pp. 209, £ 12.000.

Lo scrittore, anzi il non scrittore, come lui stesso amava definirsi, e poeta piemontese (era nato, infatti, nel 1870 ad Orta, in provincia di Novara) forse non avrebbe mai attirato l’attenzione di Aequa se la nostra lettrice Anna Bujatti, nonché curatrice del libro, non ce lo avesse segnalato. Eppure, come scrive Sebastiano Vassalli sul Corriere della Sera del 3.12.1999, “è una delle presenze più anomale e cordiali della poesia italiana del primo Novecento“. Giornalista de “La Stampa“, morì nel gennaio del 1920. L’ultimo anno di vita lo trascorse a scrivere per “Il Tempo” di Roma cronache pregne di “lirici abbandoni illuminati a volte da bagliori espressionistici” (Bujatti), spesso sul trenino “tanto caruccio” che sbuffando attraversava la valle dell’Aniene da Mandela fino a Subiaco. Era il 1919, tra l’estate e l’autunno: i mesi più belli per incantare anche questo poeta che amava scrivere sulle scorze dei platani. Al giornale invia pagine deliziose, ricche di ironiche poesie inventate “al volo” alla maniera dei poeti-contadini, di descrizioni di persone, paesaggi e luoghi curiosi che incontrava durante le salite ad Anticoli Corrado, a Subiaco, ai monasteri benedettini e a Villa Adriana di Tivoli. Leggerlo, soprattutto per gli abitanti dei luoghi descritti, pensiamo sia d’obbligo.