L’ORSO MARSICANO NELL’ALTA VALLE DEL LIRI

di Alessandro Fiorillo

Ha suscitato sorpresa e meraviglia l’avvistamento, nell’ultima settimana di aprile del 2016, di un giovane esemplare di orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus) a capistrello (aq). l’orso è stato anche filmato con un cellulare ed il video è finito in internet sulle reti sociali e in numerose testate online, apprezzato da tantissimi utenti della rete.
In realtà l’orso è una presenza costante sui nostri monti, fin dalle epoche più remote, come testimoniano i numerosi ritrovamenti di resti di Ursus spelaeus all’interno di grotta cola e della grotta di Beatrice Cenci. L’orso delle caverne, come ho scritto in un recente articolo pubblicato in occasione dell’identificazione di alcuni suoi resti rinvenuti dentro grotta Cola (1), si estinse nel corso dell’ultima glaciazione del Pleistocene, tra i 24000 e i 10000 anni fa, sostituito dall’orso bruno europeo (Ursus arctos).
Ma proprio nel nostro territorio, nella subregione abruzzese della Marsica, si è evoluta una sottospecie, l’Ursus arctos marsicanus, che fino a qualche secolo fa era diffusa in buona parte dell’Appennino centro-meridionale, dalla Calabria alle Marche.
Purtroppo oggi restano soltanto poche decine di esemplari (le ultime stime parlano di un numero di esemplari compreso tra 30 e 60) di questo splendido orso, fortemente minacciato di estinzione. l’orso bruno marsicano ha dimensioni più piccole rispetto all’orso bruno europeo, ha un’indole molto tranquilla, e preferisce muoversi soprattutto di notte. e’ onnivoro, si ciba soprattutto di vegetali ma anche di piccoli animali, sia vertebrati che invertebrati.
La presenza dell’orso marsicano sulle nostre montagne è tutt’altro che una novità. Già nel 2013 un giovane esemplare era stato avvistato in più di un occasione sui Monti Ernici e sui Simbruini, ma purtroppo quell’orso morì poi investito nei pressi dell’autostrada all’altezza di Tornimparte. I maschi di orso bruno marsicano compiono frequenti spostamenti, a volte anche di centinaia di chilometri, le femmine invece tendono a restare nel luogo dove nascono (2).
Ma testimonianze della presenza dell’orso nell’alta Valle del Liri e nelle aree limitrofe ricorrono in diverse fonti o riemergono dalla memoria di chi un tempo frequentava stabilmente queste montagne. ad esempio nella Relazione Sipari (3), pubblicata nel 1926 da Erminio Sipari, è citato letteralmente: “A Cappadocia (prov. de L’Aquila) è ancora vivo un carbonaio il quale aveva abituato per lunghi anni un grosso orso, che viveva come lui in quei folti boschi, ad accorrere al suo richiamo,e che spesso era compensato da un pò di cibo”. Altri riferimenti all’orso presente sulle nostre montagne emergono dalle memorie di cittadini locali od originari del posto, come quella riportata nel gruppo facebook “Capistrello il mio paesello”, dove leggiamo che “Il signor Natalino Cannucciari, l’ultimo dei sette figli di Giuseppe che abita ad Anzio, mi ha riferito che suo padre negli anni ’20, mentre faceva il carbone sulla Renga, aveva avuto modo di vedere l’orso”.
Dopo la Relazione Sipari e le testimonianze orali raccolte nel tempo, altri importanti riferimenti sulla presenza dell’orso marsicano nel territorio di Cappadocia (aq) e dintorni sono contenuti nel testo di Lorenzo Giustiniani, Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli, 1797, dal quale emerge che “In pratica, l’orso è rilevato all’interno di una sorta di mezzaluna le cui punte sono Accumoli, all’estremo limite settentrionale del Regno, e l’area orientale della Majella tra Pennapiedimonte e Palombaro, ma con due aree di particolare concentrazione: le montagne che sovrastano l’Alta valle del Liri da Tagliacozzo a Capistrello e le montagne che cingono le sponde meridionali del Fucino”.
Ancora più significativo il seguente passaggio, contenuto in Del Re, Descrizione topografica, fisica, e economica, politica de’ Reali dominj al di qua del faro nel Regno delle Due Sicilie, Napoli 1835, I volume: “Le montagne di Pescasseroli, Lecce nei Marsi e Collelongo sono sempre abitate dall’orso e questo animale è molto frequente a Monte Anezze, di fronte a Cappadocia e più specificamente tra le boscaglie del Camporo Tondo”. Quindi nell’area compresa tra Pianezze e Camporotondo l’orso marsicano era molto frequente, almeno fino al 1835. Purtroppo in quegli anni l’orso marsicano era oggetto di una caccia spietata, ed è un miracolo che sia riuscito a giungere fino a noi. Ecco quanto riportato in G. Tarquinio, Testimonianze storiche della presenza dell’orso bruno marsicano in Abruzzo e nelle aree limitrofe, 2001:“Dalla Statistica del Sipari, infine, si ricava che nel periodo 1828-1898 vennero uccisi novantuno orsi e sei orsacchiotti nelle montagne di Barrea, Villetta Barrea, Civitella Alfedena, Opi, Pescasseroli, Lecce, Gioia, Villavallelonga, Settefrati e Castellafiume”. Continuando a scorrere il testo di Tarquinio leggiamo che nel 1878 durante le battute di caccia furono uccisi 27 orsi e nel 1912 accorsero in Abruzzo talmente tanti cacciatori che gli orsi furono decimali “notevolmente”.
Ancora nel 1914 non soltanto gli adulti, ma anche i cuccioli venivano soppressi senza pietà: “Durante una battuta di caccia (…) fu ferita un’orsa e furono uccisi due bellissimi orsacchiotti”. L’ultima grande battuta ufficiale di caccia all’orso marsicano, leggiamo ancora nel testo di Tarquinio, è del 1931. La legge che finalmente ne vieta la caccia è soltanto del 1939 (4). Queste continue battute di caccia in realtà segnarono il destino dell’orso marsicano, che di fatto scomparve o quasi da alcune zone e probabilmente è questo il motivo per cui oggi la segnalazione di un orso marsicano sui monti che sovrastano l’alta Valle del liri è una cosa che fa notizia, mentre un tempo, come abbiamo visto, addirittura questa era una delle zone a più alta densità di orsi di tutto l’Abruzzo.
Lo stesso Giovanni Altobello, autore nel 1921 del primo studio scientifico sull’orso nel quale si evidenziò la distinzione di Ursus arctos e Ursus arctos marsicanus, cita la presenza dell’orso sulle nostre montagne: “I fitti boschi di quella zona montana che va da Pizzone a S. Pietro Avellana nel Molise e si estende nell’Abruzzo aquilano dall’alta valle del Sangro sino a quella del Liri, danno ancora ospitalità al nostro Orso che trova nelle asperità di quella regione, non del tutto manomessa, un asilo ancora sicuro”. Quindi almeno fino al 1921 nell’area dell’alta Valle del Liri la presenza dell’orso marsicano doveva essere quanto meno stabile. L’orso, come abbiamo fin qui visto, era perciò fino a qualche decennio fa una presenza nota e documentata sulle nostre montagne. del resto ci troviamo nella Marsica occidentale, nel pieno dell’areale dove un tempo si costituì il nucleo originario da cui poi le popolazioni di orso bruno marsicano riuscirono ad irradiarsi fino alla Calabria a sud, e alle Marche a nord (5).
Il ritorno dell’orso è importante non soltanto per la sua sopravvivenza (la minaccia di estinzione, per questo splendido plantigrado, è tutt’altro che scongiurata, e l’espansione del suo areale può contribuire a ridurre il rischio della sua scomparsa), ma rappresenta un motivo di orgoglio per le popolazioni locali, le quali possono annoverare nella già ricca fauna selvatica del proprio territorio anche questo splendido animale, un “antico” figlio di queste terre, quello che più di tutti le rappresenta, nel cui nome scientifico Ursus arctos marsicanus c’è il riferimento diretto ad esse. Proprio per questo motivo è importante che oggi tutti si impegnino per favorire la presenza dell’orso, per ridurre al minimo i motivi di conflitto e per impedire che vengano a crearsi situazioni di potenziale pericolo per l’incolumità di queste creature, in particolare lungo le strade (purtroppo sono ancora troppi gli esemplari di orso, tra i quali i cuccioli, che muoiono investiti).
Qualora dovesse capitare di incontrare un orso sulla propria strada, è bene seguire delle norme di comportamento che evitino il crearsi di situazioni di pericolo, sia per l’orso che per le persone (a tal proposito è bene sottolineare che bisogna evitare di avvicinarsi troppo, di inseguire gli orsi con le macchine inducendoli a fuggire via sulle strade mettendone quindi a rischio l’incolumità; è bene evitare di cercare di scattare foto o fare filmati ad ogni costo). Sempre in caso di avvistamenti occorre avvisare il corpo Forestale dello stato chiamando il 1515, così che gli agenti possano poi operare sul posto per azioni di controllo e monitoraggio.

__________
1 – FIorIllo  A., Ursus spelaeus. Forse rinvenuti di recente dei resti, in “Aequa”, (XVIII) 65, giugno 2016, pp. 45-46.
2 – In realtà nel 2003 un esemplare femmina di orso marsicano, poi soprannominata Girella, fu vista aggirarsi per un certo periodo nel territorio dei Monti simbruini. Fece però poi ritorno nell’area del Parco nazionale d’ Abruzzo, da cui proveniva.
3 – Si tratta della relazione scritta da Erminio Sipari, naturalista e politico italiano, artefice e primo presidente del Parco nazionale d’Abruzzo. Il titolo originale dell’opera è relazione del Presidente del direttorio provvisorio dell’ente autonomo del Parco nazionale d’abruzzo alla commissione amministratrice dell’ente stesso, nominata con regio decreto 25 marzo 1923.
4 – Legge del 5 giugno 1939, n.1016 “approvazione del testo unico delle norme per la protezione della selvaggina e per l’esercizio della caccia”; all’art.3 l’orso è incluso nella selvaggina stanziale protetta e all’art. 38 si specifica il divieto di cacciarlo.
5 – In realtà oggi appare più probabile che gli orsi che un tempo erano distribuiti su tutto l’areale dell’Appennino centro meridionale, dalle Marche alla Calabria, abbiano finito per ritirarsi e sopravvivere soltanto nelle aree più selvagge e meno antropizzate, cioè nel cuore dell’Abruzzo e della subregione della Marsica, che non è stata quindi l’area di origine dell’orso marsicano ma quella dove lui è riuscito a non soccombere. La sopravvivenza futura dell’orso marsicano è legata anche e soprattutto alla sua capacità di colonizzare di nuovo quelle aree dell’appennino dove un tempo la sua presenza era stabile. Gli avvistamenti e le segnalazioni di orsi sui Monti Sibillini nelle Marche o in altre aree dell’Abruzzo, Lazio e Molise, lasciano ben sperare per il futuro di questo bellissimo animale, su cui purtroppo continua ad incombere seriamente il rischio di estinzione.